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In Ucraina traffico di cellule e bambini scomparsi

di webmaster 17 settembre 2007

Un’inchiesta del Corriere della sera sta scuotendo le coscienze degli italiani. Da anni si parla di traffico di organi, di neonati scomparsi, di bambini venduti come pezzi di ricambio. Ma mai si ha avuto un riscontro reale e concreto e le si è sempre considerate leggende metropolitane. Ora, purtroppo, sembra che l’incubo di tanti genitori sia diventata realtà. La prova potrebbe arrivare nel giro di pochi mesi dall’Ucraina. Sono cinque anni, infatti, che delle indagini in tal senso sono affossate. Il Consiglio Europeo si sta interrogando, in un rapporto ad oggi ancora riservato, sulla scomparsa di ben duecento bambini dalle sale parto dell’ex Repubblica sovietica. Potrebbe venire alla luce una verità sconvolgente: l’Ucraina potrebbe scoprire di essere un supermercato segreto di organi, tessuti e cellule umane.

Gli attivisti per i diritti umani sostengono che i bambini scomparsi ogni anno sarebbero tremila e non solo duecento. Bambini nati vivi, registrati come morti agli obitori ma in nessun modo menzionati nei registri delle sale parto e dei cimiteri. Due medici sono scappati da Kiev perché hanno la, giustificata, paura di essere uccisi per aver dato voce a questo terribile sospetto. Sono, infatti, già due i testimoni chiave morti in circostanze misteriose. Il Corriere è venuto, a tal proposito, in possesso di un documento i cui la procura generale di Kiev chiede l’aiuto dei servizi segreti per il proseguimento dell’indagine sulla scomparsa di alcuni neonati. Ma da quando è stato redatto questo documento il magistrato, invece di ricevere l’aiuto degli 007 ucraini, si è visto togliere il caso. E da allora le morti sospette sono salite a sei.

Il caso è scoppiato dalle denunce fatte da due neo mamme ucraine che si sono viste portare via i loro bambini appena nati e, successivamente, dichiarati morti a causa di un aborto spontaneo. Erano le quattro di notte del 2002, quando nacque quello che avrebbe dovuto essere il primo figlio di Svetlana Pusikova, una delle due donne. “Ho partorito in fretta, senza problemi. Non mi hanno dato il bimbo da tenere in braccio, però l’ho visto mentre lo lavavano e lo pesavano. “Complimenti”, ha detto un’infermiera. Ero felice e confusa, certo, ma ho osservato bene una donna in camice bianco che lo prendeva, lo avvolgeva in un panno e lo portava via. Da allora non ho più visto mio figlio». Sulle cartelle cliniche emerge tutta un’altra storia: non un parto a termine ma un aborto spontaneo al sesto mese. Non un bimbo vivo di oltre 3 chili, ma un feto nato morto di appena 800 grammi. Sulla stessa linea la storia di Olena Stulniev. Bambino nata viva, ma dichiarata un «aborto» di pochi mesi e il suo corpo mai restituito alla famiglia.

Secondo Tatiana Zakharova, presidente dell’Associazione per le famiglie numerose, sarebbe l’Istituto di Criobiologia di Kharkov a rivendere le parti umane sottratte ai corpicini. Sul sito internet dell’Istituto si legge di “Trapianti cellulari, preparati biologici in grado di stimolare naturalmente la guarigione grazie soprattutto al tasso di crescita notevolmente più alto garantito da cellule e tessuti fetali”.

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